Passages


Viaggio con la sua solitudine

Ecco che da quasi vent'anni Patrizia di Fiore ha deciso di diventare fotografa. La sua carriera ha cominciato nel sud della Francia, a Toulouse, ma come molti rappresentanti della sua generazione, Patrizia é, allo stesso tempo, di nessuna parte e di ogni luogo. Nata in Italia, si é stabilita in Francia e viaggia molto, esistenza nomade in un mondo globale dove i media sono il cuore dei drammi moderni : guerre, choc di territori, pane quotidiano della sventura… le notizie girano intorno alla terra e diffondono quello che succede ; Patrizia di Fiore é sensibile a questo mondo di conflitti ma il suo approccio é diverso da quello dei giornalisti che seguono l’attualità ; non ha niente di un reporter, utilizza il formato medio, più ponderato del 24 x 36 che si porta rapidamente all’occhio. Ha scelto di lavorare i paesaggi, di captare le atmosfere, di restituire quello che risente. Nel corso degli ultimi anni si é recata in Bosnia, in Vietnam, per guardare i paesaggi, dopo il silenzio delle battaglie. Ha visto queste regioni ritrovare la pace, dopo che sia sparito l'interesse dei media.

Ha lavorato molto anche in Francia, nella Mosella, in Charente, e recentemente nel Sud-Ovest dove offre una rappresentazione piena di nuances, fedele e sensibile, lontano dai luoghi convenuti che tradiscono la realtà.
Di fronte alla passione degli uomini, che potrebbe anneantirli, c'é la grandezza della natura, un ritmo più lento, il passaggio del tempo, inesorabile, che scivola nel paesaggio. Patrizia di Fiore preferisce le vedute ampie che non chiudono il quadro in un dettaglio, un oggetto ; non ci sono primi piani nelle sue immagini, scrive le tracce dell’esistenza degli uomini nel contesto che abbraccia ampiamente. L'incontro non é sempre senza scontri ma la fotografia non deve mentire, e i camions filano diritti lacerando il paesaggio, i parkings sono caotici, i tubi rigano la montagna...
Sono delle vedute prese nel corso di un viaggio che l’ha portata ai quattro angoli della regione, dalle montagne all’Oceano, dal Béarn al mare acquietato della baia d’Hendaye. Ha viaggiato tenendo la distanza, secondo la sua abitudine, attenta ai piccoli segni che tradiscono una atmosfera, il carattere della regione. L’artista viaggia solitaria guardando lo spazio sino a che l’immagine si costruisce nella sua testa, la sua macchina passa tale una bolla ottica sino a che trovi il suo motivo. La montagna segna la frontiera, una linea non ha piu la stessa importanza come nel passato ma ha sempre la sua particolarità. Punto di passaggio tra la Francia e la Spagna : treni, camions, ponte sulla Bidassoa, colle nella montagna, ventas sul bordo della strada, altro luogo di passaggio. Frontiera che separa e attira ; ci si ritrova, si scambia dei prodotti modesti.
La fotografa che conosce le luci dell’Italia, ritorna regolarmente in Sardegna, é qui immersa in una luminosità différente. Intensa e dolce allo stesso tempo, trasparente e velata. Ci sono anche questi colori, e per che non siano troppo crudi, non gridino troppo forte, gioca con le nuvole, la nebbia, i grigi. Il nero splendente dell’asfalto luccica su una fotografia presa dopo la pioggia ; altrove, la foschia addolcisce la crudezza di certi verdi, colori sbiaditi, blu acquerello. Un pizzico di vermglio risalta i toni freddi, una persiana fa cantare i verdi, inevitabile allusione alla gamma della regione, ma senza insistere mai ; Patrizia di Fiore fugge il pittoresco. Le sue immagini rinnovano la visione della regione ; sono rifrattarie ai stereotipi, alle vedute convenzionali ; la catena delle montagne chiude la perspettiva e lo sguardo segue la linea caratteristica delle cime. Le curve del rilievo indicano la struttura del terreno. La struttura dei suoli ha qualche cosa di indefinissabile, la matiera stessa di come é plasmato il territorio.
Delle linee forti strutturano il formato quadrato delle sue immagini ; la composizione é solida. Nessuna perspettiva non sprofonda tanto lontano. Dei piani sbarrano l’orizzonte e impediscono allo sguardo di evadersi. Stessa cosa di fronte all’Oceano, la vista va a sbattere su une gettata, un'altra riva. Le masse sono imbricate, la disposizione delle case ai netti volumi cubici, frontalità dei pignoni ben tagliati nel paesaggio. I luoghi sono comuni ma non riescono a dissolvere l'identità forte del paese ; l’immagine la conferma al contrario ; il territorio conferma la sua differenza contro la banalità d’una sponda della strada e l’uniformità d’edifici recenti.
Col passare degli anni, Patrizia di Fiore costruisce le sue impressioni nel paesaggio ; ma la voyageuse non é alla ricerca della fusione romantica con quello che la circonda, anche se mostra delle valli sombre e incastrate dove in fondo scorre la riviera. Queste vedute del crepuscolo sono avvolte di mistero e contrastano col blu del cielo al di sopra delle montagne.
Patrizia di Fiore prosegue la sua storia nel corso dei suoi viaggi. In questa mostra propone la sua esperienza del Sud-Ovest, fatta d’impressioni atmosferiche, di leggeri abbagliamenti colorati, di momenti in sospeso. La sua vita si frammenta nei molteplici luoghi che attraversa. E malgrado l'integrazione perfetta, la sua parte italiana la mantiene in esilio ; ritiene una riserva distante che le permette di scoprire un mondo sprovvisto di ricordi che sempre tradiscono il presente.

Philippe Arbaïzar, 2003
Conservateur à la Bibliothèque Nationale de Paris